L’ineluttabilità della storia umana e l’indifferenza degli dei, spettatori attoniti e crudeli di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo. È questo il fulcro della pièce Ecuba di Euripide con la drammaturgia e la regia di Giuseppe Argirò che, dopo il grande successo riscosso al suo debutto in prima nazionale al Teatro Arcobaleno di Roma, è pronta ora a partire per la tournée nazionale.
Prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, lo spettacolo vede in scena una straordinaria Francesca Benedetti, Premio Le Maschere 2018, nei panni della regina di Troia. Ad affiancarla, un cast d’eccellenza composto da (in ordine d’apparizione) Maria Cristina Fioretti, Viola Graziosi, Maurizio Palladino, Graziano Piazza, Elisabetta Arosio, Sergio Basile, Gianluigi Fogacci.
La tournèe estiva, che partirà lunedì 22 luglio dalle Marche, dopo aver toccato i palcoscenici di varie regioni – tra cui il PlautusFestival di Sarsina e i Giardini della Filarmonica di Roma – approderà domenica 4 e lunedì 5 agosto al Teatro Antico di Segesta, nell’ambito delle Dionisiache e martedì 6 agosto al Teatro Antico di Tindari, per poi continuare con altre date nazionali.
“In un momento di assenza i pace in cui i teatri di guerra sono molteplici – spiega il regista Giuseppe Argirò – raccontare gli orrori della violenza è un dovere etico che valica l’aspetto estetico e ritrova le sue ragioni più profonde nel dibattito democratico, che solo il linguaggio scenico sa rendere evidente, nella sua necessità. La protagonista di Euripide incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine: Ecuba rappresenta il dolore assoluto, senza alcuna catarsi. In questo scenario bellico, lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue varianti che si propaga come una malattia senza cura, dai vincitori, ai vinti; vittime e carnefici vengono cosi accomunati dalla sopraffazione. Ecuba, custode della memoria della stirpe troiana, annientata dai Greci, non lascerà scampo al traditore Polimestore, infliggendogli un castigo tremendo. Una madre senza patria e senza figli mette in scena un dolore trasfigurante, irripetibile a qualsiasi latitudine scenica, come ci ricorda Amleto citando la complessità dell’arte teatrale”.